Albert Einstein
- Premio Nobel per la fisica per aver scoperto l’effetto fotoelettrico
- Categoria: Scienziati
- Post: 16/06/2022
- Autore: FLT
Albert Einstein
Di Albert Einstein si è detto tutto e il contrario di tutto: a lui sono state attribuite frasi o concetti o aforismi in realtà mai detti. Di lui racconteremo “l’uomo” (non sempre un “grande” uomo).
Una serie di relazioni extraconiugali, una dietro l’altra, Marie, Estella, Ethel, Toni, Margarita e altre due di cui si conoscono solo le iniziali da quanto si apprende dalla pubblicazione delle millequattrocento lettere private permessa dalla figlia Margot nel 2006 a vent’anni dalla morte, ci raccontano la personalità del genio. Poi ci sono le avventure con le donne che non sono state degne di ricevere neppure corrispondenza. Albert Einstein, in una di queste lettere a Marie Winteler ammette che per lui anche la fedeltà è diciamo, un concetto ‘relativo’: “sono un traditore incorreggibile” scrisse egli stesso nero su bianco. Avete capito... ad Albert gli piaceva molto la fisica.
L’aneddoto racconta che Einstein, fino all’età di 3 o 4 anni non ha mai pronunciato una parola. I genitori, Hermann e Pauline Koch, disperati, lo hanno sottoposto a numerose visite mediche ma senza avere una risposta risolutiva. Poi all’improvviso una sera, a cena, disse che la zuppa era troppo calda. Estasiati e curiosi allo stesso tempo, i genitori gli chiesero come mai non avesse parlato prima e la sua risposta fu: “Perché fin ora è sempre andato tutto bene”.
Fin da bambino ha mostrato interesse per l’elettricità, frequentando spesso l’attività di famiglia che vendeva batterie, generatori e fili elettrici. La sua curiosità era tale, da non sopportare il clima rigido e austero delle scuole tedesche e da essere cacciato dall’istituto superiore in cui era iscritto. Albert trova le sue consolazioni a casa, dove la madre lo avvia allo studio del violino, da cui non si staccava mai, nemmeno quando viaggiava e lo zio Jacob a quello dell'algebra. Da bambino legge libri di divulgazione scientifica con quella che definirà "un'attenzione senza respiro". All'età di cinque anni il padre gli mostrò una bussola tascabile ed Einstein si rese conto che qualcosa nello spazio "vuoto" agiva sull'ago spostandolo in direzione del nord; avrebbe descritto in seguito quest'esperienza come una delle più rivelatrici della sua vita.
Nel 1894 la famiglia si trasferisce per cercare miglior fortuna con una fabbrica a Paviao. Albert rimane solo a Monaco affinché possa terminare l'anno scolastico e il padre esorta il figlio a iscriversi al famoso Politecnico di Zurigo. Non avendo però conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, nel 1895 deve affrontare un esame di ammissione. Aveva una pessima memoria, ragion per cui trovava difficilissimo memorizzare nomi, date e numeri di telefono.
Einstein concluse gli studi al politecnico nel luglio del 1900, superando gli esami finali con la votazione di 4,9/6 e classificandosi quarto su cinque promossi. Egli fu l'unico dei laureati a non ottenere un posto come assistente. Prende dunque la cittadinanza svizzera per assumere un impiego all'Ufficio Brevetti di Berna. Il modesto lavoro gli consente di dedicare gran parte del suo tempo allo studio della fisica. Quando lasciò la Germania e venne in Svizzera, un professore di nome Winterler accettò di vivere con lui. Questa opportunità permise a Einstein di conoscere la figlia del professore, Mary. I due si innamorarono. Ma dopo che Einstein andò al college, incontrò Mileva Maric, l’unica donna della scuola. Mileva aveva una personalità romantica e un alto QI. Aspirava a diventare una scienziata e insisteva per non sposarsi, il che rendeva Einstein piuttosto tentato. Mileva ha accompagnato Einstein anche quando studiava la teoria della relatività. Le eccellenti prestazioni di Mileva in matematica e fisica attirarono profondamente Einstein, che gradualmente perse il suo amore per Maria e si innamorò di Mileva.
Nel gennaio 1902 Mileva ebbe una figlia, Lieserl, che morì presumibilmente di scarlattina. Quel parto illegittimo compromise gli studi della giovane che decise di sacrificarsi per la famiglia e la carriera accademica di Albert. Nel 1903 Albert e Mileva si sposarono in municipio. In seguito Mileva ha dato alla luce altri due figli, Hans Albert nel 1904 e Eduard nel 1910.
Quando Einstein si faceva la barba usava solo l’acqua ed era irrimediabilmente distratto, dimenticava spesso le chiavi di casa, addirittura durante la prima notte di nozze, perdeva i bagagli, dimenticava di mangiare e usava banconote come segnalibri, e poi perdeva i libri.
Sin dal marzo 1912 Albert aveva iniziato una relazione con la cugina trentaseienne divorziata Elsa Einstein e della moglie diceva che era come una dipendente che non poteva licenziare. Per incontrare Elsa spariva per giorni finché gli dettò condizioni alla moglie: i suoi vestiti e la biancheria dovevano essere mantenuti in ordine e in buono stato; doveva ricevere i suoi tre pasti regolarmente nella sua stanza, la sua camera da letto e lo studio dovevano essere sempre puliti e, in particolare, sulla sua scrivania doveva mettere le mani solo lui. Non doveva aspettarsi intimità, doveva uscire all'istante dalla stanza e senza protestare se egli lo richiedeva e doveva astenersi dal criticarlo sia a parole sia con azioni davanti ai figli.
Mileva accettò, ma dopo pochi mesi lei tornò con i figli a Zurigo e nel 1919 i due divorziarono, a fronte di un accordo economico: lei doveva ricevere la pensione di reversibilità, ricevere tutto il denaro del futuro premio Nobel e lui doveva aumentare i versamenti. Nello stesso anno sposò in seconde nozze la cugina Elsa.
Le elucubrazioni di Einstein erano quasi sempre accompagnate da lunghi sbuffi di tabacco da pipa: in tempi in cui ancora dei danni del fumo si parlava poco, lo scienziato riteneva che questa abitudine contribuisse alla lucidità del ragionamento. Dormiva almeno 10 ore a notte e si concedeva regolari, ma fulminei pisolini: si racconta che prendesse sonno in poltrona con un cucchiaino sulla mano. Quando i muscoli si rilassavano e la posata cadeva rumorosamente a terra, era il momento di svegliarsi.
Albert Einstein non ebbe mai la patente, ma il fisico tedesco riuscì comunque a mettersi al volante di qualcosa, per la precisione, di una macchina volante. Accadde il 3 febbraio 1931, quando visitò gli studi della Warner Bros, insieme alla seconda moglie, Elsa. Come racconta il New York Times, anche Hollywood ha voluto mostrare, a modo suo, i principi della relatività. In questo caso con un gioco di sovrapposizione tra sfondo e primo piano. Einstein entra nello studio e si spengono le luci. A quel punto un’automobile appare sullo schermo, con al volante Einstein, che conduce Frau Elsa in un giro panoramico. La coppia, grazie ai trucchi del cinema, girano per Los Angeles, attraversano le sue spiagge e all’improvviso si mettono in volo, sorvolando le Montagne Rocciose. Alla fine gli Einstein atterrano in Germania.
Einstein odiava doversi vestire in maniera formale e curare il suo aspetto. In particolare non sopportava i calzini e cercava ogni volta che era possibile di indossare le scarpe sui piedi nudi. è un dettaglio che si è scoperto nel 2006, quando venne resa pubblica una raccolta di lettere posseduta dalla figliastra, Margot. In una di queste lettere, indirizzata a sua moglie, Einstein scrisse da Oxford: «Sono riuscito a farla franca anche nelle situazioni più solenni: non ho indossato calzini e ho nascosto questa mancanza di civiltà in un paio di alti stivali».
Le posizioni antimilitariste assunte da Einstein durante la prima guerra mondiale, nonché il crescente clima antisemita in Germania crearono un ambiente particolarmente scomodo. Presto cominciò a ricevere lettere minatorie e ingiurie mentre usciva dal suo appartamento o dall’ufficio. Nel febbraio 1920 un gruppo di studenti interruppe una sua lezione e uno di essi gridò: «Taglierò la gola a quello sporco ebreo!». Fu poi lo stesso Ministro dell’Istruzione a scrivergli una lettera di stima da parte del governo tedesco.
Nel gennaio del 1933, quando Adolf Hitler salì al potere, Einstein si trovava momentaneamente all'università di Princeton come professore ospite. Le passeggiate quotidiane erano un ingrediente immancabile nella sua routine, che percorreva a piedi i 2,4 km di andata e di ritorno che lo separavano dall'università.
Il 7 aprile dello stesso anno venne promulgata la "Legge della Restaurazione del Servizio Civile", a causa della quale tutti i professori universitari di origine ebraica furono licenziati. Nell'ottobre del 1933, con l'intensificarsi delle persecuzioni anti-semitiche, decise di trasferirsi negli Stati Uniti.
Era già famoso per le sue idee pacifiste e per il supporto dato ai movimenti per i diritti civili, e fu da subito bollato come comunista dall'FBI. Per 22 anni, gli agenti del Bureau non si arresero e spiarono meticolosamente la vita dello scienziato, ascoltando le sue telefonate, aprendo la sua corrispondenza e controllando persino la sua spazzatura. Per un periodo, l'FBI indagò persino la possibilità che il fisico stesse costruendo un raggio della morte per conto dei sovietici. La sorveglianza si fermò solo alla sua morte, quando il fascicolo relativo ad Einstein aveva raggiunto ormai le 1.800 pagine di lunghezza.
Non fu mai particolarmente religioso, né appoggiò più di tanto il movimento sionista. Le sue radici ebraiche però furono sempre particolarmente importanti per lo scienziato. Alla morte del primo presidente di Israele, nel 1952, il governo offri ad Albert Einstein l'opportunità di divenire il secondo presidente della nazione. Una proposta che Einstein declinò gentilmente, dichiarando: “Per tutta la vita mi sono occupato di questioni oggettive. Per questo mi mancano sia l'attitudine naturale sia l'esperienza per trattare con le persone e per esercitare una funzione ufficiale”.
Einstein, che aveva acquisito la cittadinanza statunitense nel 1940, non rientrò più in Europa, rimanendo negli USA fino alla morte.
Albert Einstein si spegne all'età di 76 anni negli Stati Uniti, a Princeton, il giorno 18 aprile 1955, circondato dai più grandi onori. Einstein aveva chiesto che il suo corpo venisse cremato ma il patologo che effettuò l'autopsia, di propria iniziativa rimosse il cervello e lo conservò a casa propria in un barattolo sottovuoto per circa 30 anni. Il resto del corpo fu cremato e le ceneri furono disperse in un luogo segreto. Quando i parenti di Einstein furono messi al corrente, acconsentirono a che il cervello fosse sezionato e consegnato a ricercatori e la parte più grossa è custodita nell'ospedale di Princeton.
Gli occhi e le rughe di Einstein vennero presi come ispirazione per creare la fisionomia del personaggio Yoda di Star Wars.
Anche il suo volto e le sue fattezze (i lunghi capelli bianchi e i folti baffi bianchi) sono diventati uno stereotipo simboleggiante proprio la figura dello scienziato geniale; un' esempio su tutti è il personaggio del Dottor Emmett Brown della saga di "Ritorno al Futuro", film dove tra l'altro il cane dell'inventore della macchina del tempo più celebre del cinema, si chiama proprio Einstein.
La foto con i capelli arruffati, occhi ben spalancati, fissi in camera e una linguaccia irriverente, che ha fatto storia, è stata venduta a 106 mila euro dalla casa d’aste americana Nate D. Sanders.
A Einstein sono stati dedicati l'elemento chimico einsteinio, l'asteroide 2001 Einstein, il cratere Einstein sulla Luna e l'unità di misura Einstein per l'energia raggiante.
Odiava la pubblicità e l’attenzione concentrata su di sé e a chi gli domandava il perché del suo look trasandato, capelli scompigliati, calzini spaiati, camice stropicciate, pantaloni molto corti, rispondeva: “Sarebbe triste se l’involucro fosse migliore del contenuto”.
Una curiosità: Einstein dimorò per un breve tempo in Italia a pavia e abitò anche a Milano. Una lapide esposta all’ingresso del palazzo ne ricorda la presenza.
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