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01-Il murales sulla strada
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02-Il Murales
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03-indicazioni di miniera
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04-vecchia foto di miniera
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05-ingresso vecchia miniera
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06-targa ricordo
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07-dosimetrie 1
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08-dosimetrie 2
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09-scala intagliata in un tronco
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10-wc della casa fronte miniera
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11-hotel 3 limoni d'oro all'epoca...
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12-edificio che ospitava hotel 3 limoni (alla finestra ove era stata M.Curie, il curatore del Museo)

La miniera di Uranio della Val Fredda

  • Peveragno (Cn)
  • Categoria: Storie vere
  • Post: 06/07/2022
  • Autore: FC

La miniera di Uranio della Val Fredda

Su un muro prospiciente la strada principale del comune di Peveragno (Cuneo), c'è un piccolo murales che la maggior parte delle persone di passaggio (e anche del posto) hanno ignorato o proprio "non visto".
Il murales ricorda un'epoca non molto lontana in cui a Peveragno esisteva una miniera: Una miniera di uranio.
Fu aperta dalla Società Montecatini Edison (poi Montedison) negli anni 50’ poiché si riteneva potesse esserci un ricco filone uranifero (all’epoca molto ambito per le prospettive delle centrali atomiche).

La presenza dell’uranio nelle vallati cuneesi era nota da almeno un secolo: il primo filone di uranio venne scoperto nella valle di Lurisia, presso Roccaforte Mondovì, all’interno della grotta del Nivolano.

Nell’agosto 1918 Marie Curie fece visita al posto (Esattamente all’Hotel “3 limoni d’oro” , per verificare di persona la presenza e la qualità del minerale e prelevarne dei campioni per studi sulla radioattività.

Incredibilmente, sull’edificio che era l’hotel e che ora ospita uffici e abitazioni, non c’è neppure una piccola targa-ricordo a testimoniare questo grande e importante passaggio. Non solo: interpellati personalmente, gli abitanti del luogo non sapevano neppure di questa vicenda.
Nel 1946, una squadra di tecnici dell’azienda, armato di un contatore Geiger, attraversa il torrente Bedale, sul ponte all’inizio del paese: in quell’istante il Geiger svela la presenza di radioattività. I tecnici risalgono quindi il corso del torrente, arrivando nell’ombrosa e dimenticata Val Fredda, laddove il Bedale aveva origine.

Dunque a Peveragno, l'uranio c'era ma la quantità disponibile non giustificava lo sforzo economico e organizzativo messo in piedi per gli scavi.

La miniera della Val Fredda fu il filone di estrazione più esteso del cuneese: 3 discenderie, di cui 1 interna, e una profondità di scavo che arrivava fino a 485 m slm.

La manodopera per scavare le prime gallerie venne trovata nelle persone del posto. Il lavoro in miniera garantiva il posto fisso, un salario relativamente alto ed un orario che permetteva di coltivare anche la campagna. Era insomma diventato un modo di riscatto per gli abitanti, da sempre costretti ad emigrare per avere condizioni migliori. La miniera arrivò a contare fino a 48 dipendenti. Ciò fu però solo illusione: l’inesperienza verso questo genere di lavoro e il pagamento a cottimo fece si che i minatori trascurassero l’uso dei più banali metodi di sicurezza.

Gli scavi venivano fatti “a secco”, con perforatrici ad aria compressa, che riempivano le gallerie di polveri.

Un cartello, nello spiazzo antistante la miniera, riporta oggi i nomi di chi in quel posto perse la propria salute: morirono almeno 22 persone

Una grande parte dei lavoratori, soprattutto chi era addetto agli scavi e alla cernita, si ammalò e morì in pochi anni per patologie estrazione-correlate (22 casi accertati di silicosi e un caso di leucemia).

Oggi, della miniera chiusa nel 1962, è rimasto solo un cartello a ricordo di quell’epoca.

Ma facendo una facile passeggiata su quei percorsi, con uno strumento di rilevazione potrete ancora trovare enormi blocchi  con presenza di radioattività.

Cercando e vagliando attentamente, potreste anche trovare piccole pietre radioattive.

Il fascino del luogo è rimasto intatto, compreso il piccolo edificio (con wc esterno) presente frontalmente alla miniera.

Una visita da non perdere.