Dai diamanti non nasce niente...

Batterie infinite dai rifiuti radioattivi!

Articolo pubblicato il 07 ottobre 2020 su repubblica.it

L'articolo:
Una batteria a nano diamanti potenzialmente "eterna"
Dai rifiuti radioattivi un'azienda californiana sta creando dispositivi di accumulo indistruttibili, “circolari”, auto-ricaricabili e dotati di una vita incredibilmente lunga
“Dai diamanti non nasce niente”, cantava Fabrizio De André. In California c'è chi la pensa diversamente e progetta una batteria potenzialmente eterna, con minuscoli diamanti generati da rifiuti radioattivi. Un obiettivo visionario eppure fattibile, quello della NDB – Nano Diamond Battery – che ha ipotizzato la creazione di dispositivi di accumulo indistruttibili, “circolari”, auto-ricaricabili e capaci di durare fino a 28 mila anni. L'obiettivo è reinventare l'elettricità, per liberare il mondo dai combustibili fossili entro il 2040. Per ora c'è soltanto una bozza progettuale, ma l'azienda statunitense assicura di poter creare il prodotto finale e immetterlo sul mercato di massa nel giro di un lustro, conforme a qualsiasi forma o standard.
 
Il cuore della tecnologia è costituito da un piccolo pezzo di scorie nucleari riciclate. I ricercatori della NDB hanno studiato come riutilizzare parti di reattori nucleari in grafite che hanno assorbito le radiazioni dalle barre di combustibile divenendo radioattive. Questa grafite è ricca del radioisotopo carbonio-14 (C-14), che subisce un decadimento beta in azoto, rilasciando nel processo un elettrone. Per realizzare una cella di batteria bisogna impilare diversi strati di questo nano-materiale e conservarli con un piccolo circuito integrato, aggiungendo un piccolo super-condensatore per raccogliere, immagazzinare e distribuire istantaneamente la carica.
 
Il principio della “nano diamond battery” era stato già utilizzato nel 2016 da un gruppo di fisici e chimici dell’Università di Bristol, che avevano realizzato un prototipo di “batteria a propulsione nucleare” utilizzando Nickel-63 come sorgente di radiazioni. Il nucleo della batteria, radioattivo, è protetto da più strati di diamanti sintetici, tra i materiali più resistenti sulla Terra: per gli scienziati il dispositivo emette meno radioattività del corpo umano ed è sicuro per l’uso in auto, aereo, in presenza di telefoni e persino pacemaker.
 
Prossimo passo, capire come risolvere la bassa densità di potenza: anche in assenza di numeri ufficiali, per l'Università di Bristol, una batteria da un grammo di carbonio-14 fornirebbe 15 Joule al giorno, meno di una batteria alcalina AA. Rispetto alle concorrenti al litio però, il rivoluzionario dispositivo Made in California ha un ciclo vita e un'autonomia potenzialmente illimitati e, di conseguenza, non avrebbe bisogno di essere ricaricato.

I nostri commenti:

L’articolo è uno dei tanti su questo tema che appaiono ad intervalli regolari sul web. Di volta in volta sono coinvolti nuovi attori ma il centro della notizia è sempre fondamentalmente lo stesso: è possibile produrre batterie dalla durata potenzialmente infinita utilizzando i rifiuti prodotti dalle centrali nucleari. 
Ma cosa c’è di vero? 
Un gruppo di ricerca dell’Università di Bristol, ha studiato, e studia, la possibilità di realizzare batterie che utilizzino le radiazioni emesse da materiali radioattivi per produrre elettricità.  Un prototipo che utilizza nickel-63 come sorgente radioattiva è stato prodotto nel 2016 e da allora la notizia è rimbalzata piu’ volte sul web complice anche il fatto che lo stesso gruppo di ricerca ha indicato come possibilità di sviluppo l’impiego di carbonio-14  al posto del nickel-63 e che questo elemento radioattivo potesse essere ottenuto riciclando quello contenuto nei blocchi di grafite utilizzati come moderatori nei reattori nucleari.
Tutto vero quindi?
Non proprio.  Non è vero che i gruppi di ricerca “hanno studiato come riutilizzare parti di reattori nucleari in grafite”. Piu’ semplicemente gli autori della ricerca ipotizzano che possa essere utilizzato come elemento radioattivo il carbonio-14 recuperato dai rifiuti radioattivi prodotti nelle centrali. In realtà il recupero del carbonio-14 non è un processo scontato e sicuramente è indipendente dalla realizzazione delle batterie. Molte attività di studio e ricerca applicata sono rivolte al problema della gestione della grafite attivata, sia in termini di sicurezza, sia per l’analisi delle diverse alternative per il suo trattamento, eventuale riciclo e stoccaggio. Al momento sebbene il recupero del C-14 dai blocchi di grafite sia stato studiato e testato in laboratorio nell’ambito di attività di ricerca non esistono metodi su scala industriale per poterlo fare.  In altre parole dire che la batteria sarà realizzata impilando “diversi strati di questo nano-materiale…” lasciando intendere che si potranno costruire batterie utilizzando come componente direttamente la grafite attivata non è corretto.
In definitiva, nessuna “batteria a propulsione nucleare” è stata realizzata e in futuro difficilmente queste batterie saranno la vera risposta per il riciclo dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali.