Nobel per la chimica ( la scoperta del radio e del polonio, dall'isolamento del radio) e per la fisica (studi sulle radiazioni)
anya Salomee Sklodowska, detta Manya, meglio nota come Marie Curie dopo il matrimonio con il fisico e matematico francese Pierre Curie. Mente di estremo talento, dalle straordinarie capacità di concentrazione e memoria, fu la prima donna a vincere un Nobel e la prima persona in assoluto a vincerne due.
Nacque a Varsavia nel 1867. Una mattina, a soli a quattro anni, si trovava in campagna con i suoi fratelli e le sue sorelle. Sua sorella Bronisława, di sette anni, legge stentatamente il testo dell'album che suo padre le porge. Allora Maria spazientita se ne impossessa e legge, solo con un po' d'incertezza, la prima frase. Soddisfatta per lo stupore che la circonda prosegue la lettura, poi, colta dalla sensazione d'essere stata sfacciata, farfuglia una scusa: "Non l'ho fatto apposta, è così facile...".
Dopo il diploma iniziò a impartire lezioni di matematica e fisica, ma la sua aspirazione, condivisa dalla sorella maggiore Bronia, era di continuare gli studi scientifici. Poiché in Polonia le donne non avevano ancora la possibilità di frequentare l’università, Maria fece un patto con lei: avrebbe cercato un impiego stabile come istitutrice privata per permettere alla sorella di trasferirsi a Parigi per studiare medicina, poi quando Bronia si fosse laureata, l’avrebbe raggiunta. Così fu. Maria lavorò per sei anni presso una famiglia molto facoltosa. Si innamorò, ricambiata, del figlio dei padroni di casa, ma la loro relazione, ostacolata dai genitori di lui per la differenza di censo, si interruppe bruscamente.
Aveva 24 anni quando raggiunse Parigi. La sua nuova casa è una soffitta del Quartiere Latino, al sesto piano e senza riscaldamento. Sopravvive con pochissimo: un po' di pane, frutta, tè e cioccolata, una pila di vestiti sotto i quali dormire per non congelare. è malnutrita e sviene per gli stenti, ma è ossessionata dagli studi, e nel giro di tre anni si laurea in fisica e matematica alla Sorbona. Il piano è diplomarsi come insegnante e tornare a Varsavia.
Nel frattempo aveva conosciuto Pierre Curie, uno scienziato già molto affermato. Il loro rapporto si consolidò in pochissimo tempo: entrambi avevano in comune molti interessi e ideali e dopo soli tre mesi di fidanzamento decisero di sposarsi. Marie e Pierre si sposarono il 26 luglio 1895 con una cerimonia semplice a Sceaux, in Francia. Lei indossò un vestito nuovo, azzurro mare e molto pratico, così da poterlo usare anche in laboratorio. In dono ricevono due biciclette con le quali partono per un tour sabbatico di tre mesi in giro per l'Europa.
Inizialmente per il Nobel venne fatto solo il nome del marito e soltanto per le proteste di Pierre, innamorato e conscio del genio di Marie, quest’ultima non ne fu esclusa. Fu però pregata di “stare zitta” alla cerimonia e il discorso di accettazione del Nobel fu tenuto solo dal marito. Marie non ne fu risentita, si sentiva tutt’uno con Pierre. Si racconta che a un giornalista che le chiese come ci si sentisse ad aver sposato un genio, la Curie rispose: «Non so, chiedetelo a mio marito».
Nel 1897 nasce la primogenita, Irene. Dopo un aborto spontaneo, forse conseguenza delle radiazioni, nel 1905 nacque la seconda figlia Eva-Denise.
Una mattina di pioggia Pierre uscì di casa, dopo aver salutato sua moglie e le sue bambine, ancora molto piccole, andò al laboratorio che divideva con Marie, poi andò a pranzo con sette colleghi dell’Associazione dei professori di Scienze. Era debilitato e pieno di dolori, anche se al pranzo era stato molto vivace e aveva incantato tutti. Non sapeva, o non voleva credere, che il motivo erano le radiazioni. Era un parigino camminatore, abituato alla pioggia, ed era uno scienziato distratto. Giunse in rue Dauphine, stava per attraversare la strada mentre un carro pesante trainato da due cavalli giovani e eccitati scendeva dal Pont Neuf. Dall’altra parte arrivava il tram, che coprì la vista di Pierre Curie. Sbatte contro uno dei due cavalli e cadde sul selciato. Non fu agile a rialzarsi. La ruota posteriore del carro gli fracassò la testa uccidendolo sul colpo a quarantasette anni. “Persi il mio amato Pierre, e con lui, ogni speranza e ogni sostegno per tutto il resto della mia vita”.
Le figlie vissero da quel giorno nel tentativo di rallegrare la madre, e non fu facile, non fu bello: Iréne aveva nove anni e fissava con grandi occhi preoccupati gli abiti del lutto. Tutti dicevano che Marie Curie era prigioniera del proprio dolore. Gli amici erano preoccupati, ancora di più da quando il vecchio padre di Pierre, che viveva con loro e si occupava delle bambine, morì nel febbraio del 1910, 4 anni dopo suo figlio.
Dal momento in cui le dissero: “è morto”, Marie Curie precipitò nell’abisso del dolore e anche la vita delle sue figlie cambiò. La madre non permetteva che si parlasse di lui. Ma si struggeva nei ricordi degli ultimi giorni insieme e scrisse un diario.
La prima lezione di Marie Curie alla Sorbona, al posto del marito morto, fece accorrere tutta Parigi: centinaia di persone si erano radunate davanti ai cancelli dell’università ben prima dell’alba (“alcuni imbecilli si sono addirittura congratulati con me”) per vedere quella donna afflitta, austera, serissima, preparatissima, concentrata. La prima donna nella storia a tenere un corso alla Sorbona. Il giorno prima era stata al cimitero, a parlare con Pierre. Era in uno stato di profonda depressione, anche un anno dopo l’incidente.
Nel 1910 Marie, 43 anni all’epoca, fa quello che avrebbe fatto qualsiasi donna moderna oggi al suo posto: si innamora di un collega, un certo Lengevin. Solo che questo Lengevin era cinque anni più giovane, era stato suo allievo, era sposato ed aveva quattro figli. Affittarono un appartamento vicino alla Sorbona per incontrarsi lì ogni volta che potevano. La moglie di Langevin ci mise un secondo a capire che cosa stava succedendo, aspettò Marie Curie per strada e la insultò pesantemente, minacciandola di morte e dicendole di lasciare la Francia.
Secondo Einstein (e che poi dovette cambiare idea) era “una ragazza polacca, molto intelligente ma fredda come un pesce, senza soldi, senza conoscenze, ma con la convinzione di volersi guadagnare una vita immensa”
Nel frattempo, Marie Curie aveva vinto il suo secondo premio Nobel. Tuttavia da Stoccolma le scrissero consigliandole di non andare a ritirarlo, per non suscitare altre chiacchiere. Lei, che non voleva andare a ritirare il Nobel nemmeno la prima volta perché le sembrava che le sottraesse tempo alla ricerca, scrisse a Stoccolma:
“Mi sembra che costituirebbe un grave errore da parte mia l’azione che lei mi raccomanda. In realtà il premio è stato concesso per la scoperta del radio e del polonio. Credo che non ci sia nessuna connessione fra il mio lavoro scientifico e i fatti della mia vita privata. Non posso accettare, per principio, l’idea che l’apprezzamento del valore del lavoro scientifico possa essere influenzato dai libelli e delle calunnie sulla vita privata. Sono convinta che molte persone condividano questa opinione. Mi intristisce profondamente che lei non sia fra quelle”.
Marie Curie andò a ritirare il suo Nobel, lo dedicò alla memoria di Pierre Curie, tornò a Parigi ed ebbe un crollo fisico da cui non si riprese mai totalmente. Madame Curie, “la polacca” continuò la sua vita, al servizio della scienza e della Francia. Come diceva da ragazza: “La vita non è facile per nessuno di noi. E allora?”.
Nel 1914, dopo l’inizio della prima guerra mondiale, Marie fondò e organizzò il servizio di radiologia per il fronte, istruendo a questo scopo un centinaio di infermieri nella tecnica radiologica. Aveva installato una apparecchiatura a raggi X su una piccola vettura, la Petite Curie, e con questa girava per i campi di battaglia della Marna, insieme alla figlia Iréne, facendo radiografie ai feriti. Nascono così le prime unità mobili di soccorso radiografico che possano raggiungere le zone più difficili. Guiderà una vettura di persona, con una fascia della Croce Rossa al braccio.
La salute di Marie Curie risentì molto del lavoro di ricerca che l’aveva esposta per lunghi anni alle sostanze radioattive. Negli ultimi anni della sua vita, fu colpita da una grave forma di anemia aplastica, malattia quasi certamente contratta a causa delle lunghe esposizioni alle radiazioni di cui, all’epoca, si ignorava la pericolosità. Fino alla fine si ostinò nel dire che le serve solo un po' di aria fresca: mai ammetterà di essere stata tradita dal suo amato radio.
Morì nel sanatorio di Sancellemoz di Passy nell’Alta Savoia, nel 1934, mentre preparava il suo ultimo esperimento con l’attinio.
Ancora oggi tutti i suoi appunti di laboratorio successivi al 1890, persino i suoi ricettari di cucina, sono considerati pericolosi a causa del loro contatto con sostanze radioattive. Sono conservati in apposite scatole piombate e chiunque voglia consultarli deve indossare abiti di protezione.
Nel 1995 la salma di Marie Curie è stata trasportata, per volere dell’allora presidente della repubblica francese François Mitterand, al Pantheon di Parigi: prima donna accolta in un luogo riservato ai grandi di Francia. Per il timore di contaminazioni radioattive, la sua bara è stata avvolta in una camicia di piombo.
In suo onore venne definita curie” l’unità di misura che rappresenta l’attività di un grammo di radio al secondo”.
negli anni novanta furono emesse Una moneta da 100 franchi francesi e una banconota da 20 000 złoty polacchi che la raffigurano.
Ai coniugi Curie è stato dedicato un asteroide, il 7000 Curie, e un minerale di uranio: la curite. A Maria-Skłodowska è stato dedicato un altro minerale di uranio: la sklodowskite
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