K-19

The Widowmaker

K-19 è un film del 2002 diretto da Kathryn Bigelow.

Film indipendente, con protagonisti Harrison Ford e Liam Neeson, ispirato ai fatti realmente accaduti al sottomarino nucleare russo K-19, il primo equipaggiato con missili nucleari balistici, varato nel 1959. L'incidente del K-19, ritenuto dall'URSS un fallimento, venne coperto dal segreto militare e tenuto nascosto all'opinione pubblica per un trentennio, fino alla caduta del Muro di Berlino del 1989.

Trama

Nel 1961, nel pieno della guerra fredda, il lancio del primo sottomarino nucleare armato di testate nucleari da parte degli Stati Uniti spinge il governo Sovietico a rispondere costruendone uno a loro volta, e in pochi mesi, il nuovissimo sottomarino K-19 sta già compiendo i primi test. Purtroppo, la fretta, la corruzione e la burocrazia del governo gravano pesantemente sulla buona riuscita del progetto: il sottomarino, infatti, è pieno di difetti di progettazione, i pezzi che lo compongono sono difettosi o inadatti, e pure l'equipaggio è costituito in gran parte da giovani reclute troppo inesperte per poter gestire un sottomarino così complesso. Nonostante gli uomini siano molto affiatati tra loro, soprattutto grazie alla guida del comandante Mikhail Polenin, questo non è sufficiente a risolvere i problemi dati dall'inefficienza del progetto. I vertici di Mosca, però, non tollerano tali ritardi sulla tabella di marcia, soprattutto quando appare evidente che il comandante mette il bene dei propri uomini sopra l'orgoglio nazionale, per cui lo incolpano dei recenti fallimenti e chiedono ad un nuovo comandante, Alexei Vostrikov di prendere il comando, mentre Polenin resterà come ufficiale esecutivo. Vostrikov è figlio di un ufficiale famoso per essere stato un eroe della rivoluzione successivamente caduto in disgrazia e spedito in un gulag. Il suo arrivo genera malcontento tra i membri anziani dell'equipaggio, infastiditi dai suoi metodi molto severi ed autoritari e consci di come la scelta di Vostrikov per un incarico così importante potrebbe essere dovuta al suo essere sposato con la figlia di un importante membro del partito, ma Polenin riesce a convincerli a fidarsi e a dargli una possibilità.

Purtroppo, al suo arrivo, Vostrikov sorprende l'ufficiale addetto al reattore ubriaco, chiedendo quindi che sia sostituito: ancora, la fretta di portare in mare il sottomarino porta il comando a scegliere Vadim Radtchenko come nuovo ufficiale addetto al reattore; anche costui è una recluta fresca di accademia, chiaramente non pronta per un tale incarico, ma nonostante l'obiezione di Polenin, Vostrikov non mette in dubbio la decisione dei superiori e accetta il giovane ufficiale a bordo. Questo però aumenta ancora più il clima di tensione, che peggiora ulteriormente quando il medico dell'equipaggio viene investito, dovendo essere sostituito con un medico mai stato in mare, fino alla cerimonia inaugurale, in cui la bottiglia di champagne non si infrange. A questo punto, anche Polenin avverte Vostrikov sui propri dubbi riguardo la missione, dato che la morte del medico è la decima da quando è iniziata la costruzione del sottomarino, tanto che gli uomini gli hanno dato il soprannome di Fabbrica di vedove. Vostrikov è conscio della difficoltà della missione, ma sceglie di proseguire lo stesso e la partenza del K-19 avviene come da programma.

La missione è recarsi emergere nell'Artico, testare un missile balistico intercontinentale disarmato e pattugliare l'Atlantico a portata di tiro di New York City e Washington, D.C. In mare le differenti metodiche di comando tra Vostrikov e Polenin si fanno ancora più evidenti: già poco dopo la partenza, il primo obbliga l'equipaggio ad estenuanti esercitazioni, in cui più di un marinaio viene ferito. La tensione tra i due ufficiali esplode quando il comandante prima ordina di portare il sottomarino al di sotto del livello autorizzato di immersione, e poi di risalire in superficie, sfruttando la velocità di emersione per infrangere la sovrastante lastra di ghiaccio. La pericolosità delle due manovre è tale che Polenin rifiuta di restare in torretta, disobbedendo agli ordini, ma alla fine, entrambe le manovre riescono ed il missile è lanciato come da programma. Polenin, tuttavia, resta dell'opinione che il successo delle due manovre sia stata solo fortuna, mentre Vostrikov è convinto che questo abbia dato all'equipaggio la sicurezza nelle proprie capacità necessaria a non fallire in caso di reale emergenza. In ogni caso, la prima fase della missione è avvenuta con successo, e il K-19 riparte per compiere la seconda fase, cioè raggiungere le acque limitrofe alla costa nord-orientale degli Stati Uniti.

Sulla via della destinazione, però, il condotto del refrigerante del reattore nucleare di poppa si guasta. Senza il refrigerante, la temperatura del nocciolo del reattore continuerà ad aumentare fino a che, raggiunti i 1000 °C, esso scioglierà il reattore, disperdendo le radiazioni e questo, se venissero coinvolte le testate, alla fine potrebbe innescare un'esplosione nucleare. L'equipaggio si trova così di nuovo preda della inefficienza del progetto: il sistema di raffreddamento ausiliario non è stato installato e inoltre a bordo non ci sono tute anti-radiazioni. Non potendo, su decisione di Vostrikov, abbandonare il sottomarino, viene deciso di risolvere il guasto connettendo il sistema di raffreddamento alle riserve di acqua presenti a bordo, ma per fare ciò, una squadra di tecnici dovrà entrare nella camera del reattore esponendosi a dosi letali di radiazioni. Inoltre, dovendo collegare il sistema di raffreddamento ad un deposito di acqua esterno, questo comporterà tenere aperta la porta della camera, permettendo ad una nube di vapore radioattivo di fuoriuscire, contaminando gradualmente il resto del K-19. Non potendo fare altro, Polenin dice agli uomini che le tute a disposizione, in realtà tute per sostanze chimiche, sono adatte, e la squadra completa l'operazione, preveniendo la tragedia ma, per farlo, i sei uomini incaricati subiscono gli effetti diretti, ritrovandosi condannati a morte certa. A peggiorare la situazione, l'antenna a lungo raggio è stata danneggiata dall'emersione nell'artico, per cui ora non è possibile comunicare con Mosca. Vostrikov non può fare altro che invertire la rotta, rifiutando di nuovo il suggerimento di Polenin di chiedere aiuto a una base NATO vicina.

Sopraggiunta una nave della marina statunitense, la situazione precipita: la riparazione non regge ed il reattore è di nuovo a rischio di fusione. Vostrikov ordina l'immersione ma due ufficiale, ritenendo che l'uomo stia di nuovo scegliendo la patria invece che l'equipaggio, si ammutinano e consegnano il comando a Polenin, che però, scoperta la cosa, si fa consegnare da loro le armi con l'inganno, li fa arrestare e riconsegna il comando a Vostrikov. Grato per il gesto del commilitone, Vostrikov ora ne ascolta i consigli e, invece di limitarsi ad ordinare agli uomini di far immergere il sottomarino, gli spiega la gravità della situazione: se il reattore non verrà immediatamente riparato, la possibile esplosione del K-19 in un'area così delicata, vicino sia ad una nave statunitense che alla base della NATO, potrebbero inasprire le tensioni tra le superpotenze fino a portare il mondo sull'orlo di una terza guerra mondiale. Se però riusciranno ad immergersi, anche se la riparazione del reattore dovesse fallire, la guerra sarà evitata. Convinto, l'equipaggio esegue l'ordine.

Con il reattore sul punto di raggiungere di nuovo i 1000 °C, Vostrikov chiama al comando Radtchenko, per poi scoprire che, mentre avveniva l'ammutinamento, il giovane ufficiale ha riparato il reattore da solo, salvando i compagni ma assorbendo una dose di radiazioni devastante. Grazie al sacrificio del giovane, la guerra viene evitata, quindi Vostrikov, per non rischiare ulteriormente la vita dei suoi uomini, si prepara ad accettare l'offerta di aiuto degli americani e di affondare il K-19, ma fortunatamente, proprio all'utlimo, un altro sottomarino sovietico li trova e li raggiunge.

L'equipaggio torna in patria, ed in pochi giorni coloro che hanno eseguito le riparazioni al reattore muoiono, mentre i superstiti sono interrogati, dato che il periodo in cui il sottomarino era irraggiungibile a causa della rottura dell'antenna, i vertici di Mosca hanno sospettato che Vostrikov intendesse disertare. Grazie alla spassionata testimonianza di Polenin, Vostrikov viene assolto, ma non comanderà mai più un sottomarino nella sua vita e sia lui che il resto dell'equipaggio sono obbligati al silenzio.

Nel 1989, 28 anni dopo l'incidente, cade il muro di Berlino e finalmente i sopravvissuti possono raccontare la verità. A causa delle radiazioni, negli anni sono morte altri venti membri dell'equipaggio, e alla fine Vostrikov viene rintracciato da Polenin, che lo conduce nel cimitero in cui i sopravvissuti dell'incidente accolgono il loro comandante, con cui celebrano finalmente il memoriale per le vittime del K-19

(da Wikipedia)