(La storia di Marie Curie e la mia) - di Rosa Montero
Ed. Ponte alle Grazie - Maggio 2019 – 224 pagg
10, 100, 1000 sono le biografie, i racconti e gli scritti che parlano della donna più straordinaria del XX secolo: Maria Salomea Sklodowska meglio nota come Marie Curie.
In questo libro però la guardiamo da una prospettiva differente, che ce la fa apparire più fragile e più “umana”.
Rosa Montero - scrittrice spagnola molto apprezzata in patria e poco conosciuta in Italia – si imbatte nel diario che Marie Curie scrive nel periodo successivo alla morte del marito Pierre.
Le viene chiesto di scrivere una prefazione al diario, ma la Montero fa molto di più: in quelle parole ritrova il suo dolore, trova se stessa rimasta vedova da poco come la scienziata polacca.
L’autrice ripercorre i momenti più importanti della vita di Marie Curie, dall’infanzia e adolescenza in Polonia, al trasferimento in Francia dove affronta una dura battaglia per conquistare un posto importante nel panorama scientifico europeo.
Racconta bene come l’essere Donna sia stato un ostacolo altissimo verso il successo scientifico, raggiunto comunque grazie alla sua strepitosa intelligenza e infinita caparbia; un ostacolo creato dagli uomini, dagli stessi colleghi scienziati che attraverso il “gossip dell’epoca” della sfera personale hanno tentato di screditarla anche nell’ambito della giuria per l’assegnazione del premio Nobel. Che invece ha ritirato ben due volte, per la fisica e per la chimica.
E poi c’è Pierre, che le sta accanto affettivamente e lavorativamente. Si buttano anima e corpo nelle loro ricerche, lavorano fianco a fianco in condizioni estreme e fanno le loro scoperte nel settore della radioattività; poi, d’improvviso…il buio: un giorno come tanti Pierre esce di casa, ma non vi fa più ritorno, investito da un carro trainato da cavalli; una morte che ha anticipato i danni che le radiazioni stavano già provocando sulle sue ossa infragilite proprio dalle loro assidue ricerche e applicazioni.
Marie si ritrova da sola, con due figlie ad affrontare il lutto. Ed è in questo momento che comincia a scrivere il suo diario in cui si rivolge al suo amato Pierre, a volte come se fosse ancora vivo, molte altre rimpiangendo le parole mai dette e le cose mai fatte. In questo modo tenta di esorcizzare il dolore e di sentirlo ancora un po' vicino a sé.
La biografica scorre bene; forse i punti in cui l’autrice tenta di fare il parallelismo con la sua vita risultano un po' forzati e slegati dal resto del racconto. Essa stessa ammette la sua eccessiva riservatezza a scrivere di se stessa e del suo defunto marito Pablo. Tuttavia l’obiettivo di farci riconciliare con il dolore disumano dovuto dalla morte della persona amata le riesce, non tanto grazie al racconto della sua esperienza personale, quanto attraverso l’analisi delle azioni e delle emozioni di una donna spesso definita “fredda” come Marie, che nel suo lutto si mostra in tutta la sua intimità… come una di noi.
10, 100, 1000 sono le biografie, i racconti e gli scritti che parlano della donna più straordinaria del XX secolo: Maria Salomea Sklodowska meglio nota come Marie Curie.
In questo libro però la guardiamo da una prospettiva differente, che ce la fa apparire più fragile e più “umana”.
Rosa Montero - scrittrice spagnola molto apprezzata in patria e poco conosciuta in Italia – si imbatte nel diario che Marie Curie scrive nel periodo successivo alla morte del marito Pierre.
Le viene chiesto di scrivere una prefazione al diario, ma la Montero fa molto di più: in quelle parole ritrova il suo dolore, trova se stessa rimasta vedova da poco come la scienziata polacca.
L’autrice ripercorre i momenti più importanti della vita di Marie Curie, dall’infanzia e adolescenza in Polonia, al trasferimento in Francia dove affronta una dura battaglia per conquistare un posto importante nel panorama scientifico europeo.
Racconta bene come l’essere Donna sia stato un ostacolo altissimo verso il successo scientifico, raggiunto comunque grazie alla sua strepitosa intelligenza e infinita caparbia; un ostacolo creato dagli uomini, dagli stessi colleghi scienziati che attraverso il “gossip dell’epoca” della sfera personale hanno tentato di screditarla anche nell’ambito della giuria per l’assegnazione del premio Nobel. Che invece ha ritirato ben due volte, per la fisica e per la chimica.
E poi c’è Pierre, che le sta accanto affettivamente e lavorativamente. Si buttano anima e corpo nelle loro ricerche, lavorano fianco a fianco in condizioni estreme e fanno le loro scoperte nel settore della radioattività; poi, d’improvviso…il buio: un giorno come tanti Pierre esce di casa, ma non vi fa più ritorno, investito da un carro trainato da cavalli; una morte che ha anticipato i danni che le radiazioni stavano già provocando sulle sue ossa infragilite proprio dalle loro assidue ricerche e applicazioni.
Marie si ritrova da sola, con due figlie ad affrontare il lutto. Ed è in questo momento che comincia a scrivere il suo diario in cui si rivolge al suo amato Pierre, a volte come se fosse ancora vivo, molte altre rimpiangendo le parole mai dette e le cose mai fatte. In questo modo tenta di esorcizzare il dolore e di sentirlo ancora un po' vicino a sé.
La biografica scorre bene; forse i punti in cui l’autrice tenta di fare il parallelismo con la sua vita risultano un po' forzati e slegati dal resto del racconto. Essa stessa ammette la sua eccessiva riservatezza a scrivere di se stessa e del suo defunto marito Pablo. Tuttavia l’obiettivo di farci riconciliare con il dolore disumano dovuto dalla morte della persona amata le riesce, non tanto grazie al racconto della sua esperienza personale, quanto attraverso l’analisi delle azioni e delle emozioni di una donna spesso definita “fredda” come Marie, che nel suo lutto si mostra in tutta la sua intimità… come una di noi.