di Bepi Castellaneta
Articolo del 28 Febbraio 2013 pubblicato su Il Giornale e L'Avvenire
l'articolo
Una ditta pugliese le importa dall'Asia. Ma i test di laboratorio hanno scoperto veleni che si sprigionano al contatto col fuoco
Pentole e pentolini, cucchiai e cucchiaini, forchette e coltelli, padelle e scolapasta e altri utensili da cucina: tutto prodotto in India a basso costo attraverso la fusione nella lega d'acciaio del cobalto 60, materiale decisamente più economico ma soprattutto radioattivo che adesso viene cercato in mezza Italia dopo l'approdo nel porto di Taranto. Il motivo: una parte è stata messa in commercio e dopo le analisi è scattato l'allarme da parte delle Asl. Timori che si allungano da Nord a Sud, e hanno innescato una caccia a quelle stoviglie venute dall'altra parte del mondo e finite da queste parti.
La verità è che da tempo per lo Ionio passa un po' di tutto, come se questa ampia fetta di mare fosse una specie di nastro trasportatore che traghetta in Occidente pezzi decisamente consistenti del colossale bazar del falso allestito in terre lontane. Un campionario vario quanto inquietante: qui in passato sono arrivati cosmetici ricavati non si sa bene come, prodotti alimentari provenienti dall'estremo Oriente ma taroccati e spacciati in Europa come fiori all'occhiello del made in Italy; e poi ancora: giocattoli realizzati con pericolose vernici tossiche e senza le precauzioni imposte dall'Unione Europea, occhiali da sole dagli allegri colori sgargianti che tutto fanno tranne che proteggere gli occhi, persino gel igienizzante che secondo l'etichetta dovrebbe prevenire eventuali infezioni e che invece era tutt'altro che un toccasana visto che poi è risultato contraffatto in Cina.
Ma adesso, come se non bastasse, l'ultimo capitolo di questa rischiosa catena commerciale a livello internazionale in cui non sono contemplate regole né misure di sicurezza riguarda le stoviglie da cucina low cost al cobalto 60: un materiale che spesso si trova in vecchi rottami in ferro e può rivelarsi pericoloso solo se viene ingerito o se si rimane esposti alle sue radiazioni per parecchio tempo. Il carico di utensili da cucina era destinato a un'azienda di importazione della provincia di Taranto, che comunque era all'oscuro di tutto e sta collaborando con le autorità sanitarie. Lo sbarco è avvenuto il 21 dicembre dell'anno scorso. A quel punto sono state seguite tutte le procedure internazionali di sicurezza. Due campioni dei prodotti sono stati prelevati dagli agenti dell'Ufficio di sanità marittima ed europea del ministero della Salute (Usmaf) e sono stati inviati all'istituto zooprofilattico sperimentale di Foggia: l'1 febbraio sono arrivati i risultati ed è scattato l'allarme. I tecnici hanno imposto lo stop, è stata fatta un'ispezione nella ditta importatrice e sono stati trovati 700 colli ancora sistemati nei magazzini. Sulla merce venuta dall'India e contaminata dal cobalto anche se la presenza non è eccessiva - sono state rilevate fonti di radioattività: è stato disposto il sequestro, la zona è stata isolata. Un bel sospiro di sollievo. Ma a quanto pare non definitivo. Perché una parte del carico aveva già preso il volo e sarebbe ancora in giro per l'Italia, oltre che a Malta e in Montenegro, perché i documenti erano in regola ed era stato quindi concesso il nullaosta alla commercializzazione. Il rischio è che il materiale possa essere finito sugli scaffali di diversi punti vendita.
Per questo il primo passo degli ispettori dell'Asl è stato spulciare i documenti con gli ordinativi in modo da risalire ai luoghi di destinazione; nello stesso tempo, dagli uffici dell'assessorato regionale alla Sanità è stato diramato un allarme alle aziende sanitarie locali competenti per le zone interessate. La situazione è tutt'altro che semplice, anzi è decisamente complicata perché le località sono parecchie: Milano, Palermo, Firenze, Napoli, Recanati, Viterbo, Arezzo, Prato, Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Oristano, Padova e Verona. E proprio in quest'ultima città sono stati trovati 24 colli, che sono stati riportati in Puglia con spese a carico della società di importazione. Il caso però è ancora aperto. E nel corso di una riunione che si è tenuta nei giorni scorsi nella prefettura di Taranto è stato fatto il punto della situazione ed è stato ricostruito quanto accaduto. Nel frattempo i controlli vanno avanti a ritmo serrato con l'obiettivo di rintracciare tutte le stoviglie radioattive finite sul territorio italiano; inoltre a breve, seguendo le direttive del ministero dell'Ambiente, dovrebbe essere messo a punto un decalogo con le procedure da seguire per lo smaltimento del carico sequestrato. Che potrebbe anche far ritorno in India, grande esportatore di acciaio e uno dei maggiori produttori di cobalto 60. Insomma, la corsa contro il tempo per spazzare via le ombre di quelle radioattive pentole low cost va avanti.
I nostri commenti:
Ogni volta che succede un evento e viene riportato e commentato dai mass-media, se lo si vuole rendere catastrofico e impressionante, è sufficiente aggiungere alla notizia un aggettivo del tipo “radioattivo” e il successo è pressoché garantito.
La notizia però può anche andare oltre: è più facile incutere timore che tranquillizzare i consumatori.
Intimorire e minimizzare sono due facce opposte della stessa medaglia: quella dell’informazione; sarebbe più corretto non eccedere in un senso (intimorire) o nell’altro (minimizzare) e lasciare al lettore la coscienza e la curiosità di approfondimento per modellare una propria idea al riguardo. E' ancora abbastanza fresca la notizia (web e giornali) delle pentole radioattive al cobalto ritrovate in alcuni centri doganali italiani.
In questi articoli si parla di Cobalto-60 presente nelle pentole che se ingerito è mortale, di interi carichi sfuggiti ai controlli oppure “casualmente“ reperiti in dogana.
Ma si accomunano anche le pentole radioattive alle bombe sporche, agli usi militari, agli usi “nucleari”, al traffico di sostanze radioattive, ai rifiuti medicali (tra i quali i “rifiuti radioattivi medicali, provenienti cioè da radiografie…” [sic!]).
Aiuto… i sillogismi la fanno da padroni: tra poco, anche i pazienti che fanno una radiografia, diventeranno radioattivi!!!
Ma sgombriamo subito il campo dalla affermazione di “casualità”: poiché le radiazioni ionizzanti non si vedono e non si sentono e non odorano, per rilevarle o si possiede una minima strumentazione oppure non si rilevano.
Secondo appunto: una recente legge ha confermato l'obbligo di sottoporre i prodotti semilavorati metallici importati dai paesi extra UE alla sorveglianza radiometrica; obbligo che in precedenza era previsto solo con riferimento ai “rottami” metallici (sia ferrosi che non ferrosi). Il controllo radiometrico, ha per fine la rilevazione di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse da determinati materiali.
Pertanto, se vengono trovati oggetti contaminati o sorgenti radioattive cosiddette “orfane” è perché sono stati propriamente cercati: nessuna casualità, nessuna serendipità.
Lo scopo dei controlli che le Dogane pretendono è proprio volto a scongiurare che possano entrare carichi di materiale metallico che possa contenere sorgenti radioattive oppure essere contaminato indebitamente da queste sorgenti.
E in tutti i porti e aeroporti e Dogane avvengono controlli NON a campione ma sui singoli carichi e ogni controllo viene certificato dall’Esperto di Radioprotezione che se ne assume la responsabilità di quanto accertato e certificato.
Nel caso delle pentole (ma si trattava anche di vassoi in acciaio) il Cobalto radioattivo era fuso (indissolubilmente) con i metalli che costituivano l’oggetto stesso.
E per questi oggetti nello specifico (le pentole e i vassoi), se c’è cobalto, sicuramente determina una irradiazione e sicuramente NON determina contaminazione (l’acciaio fonde a circa 1400° C e il Cobalto a quasi 1500° C mentre la massima temperatura di una cucina a gas non arriva a questi valori); e per questo motivo, essendo prodotto metallico non viene ingerito o inalato: il cobalto è lì e lì rimane (consideriamo anche i normali tempi di cottura dei cibi che sicuramente non arrivano a deteriorare una padella).
Sia chiaro, nessuno vuole dire che possiamo tenerci in casa la padella radioattiva: noi non lo faremmo ! Ma da questo a dire che ingeriamo il cobalto… ce ne passa.
Il cobalto fuso con l’acciaio non si distacca dalla sua matrice (la padella) e quindi non lo troveremo mai, nelle normali condizioni operative in cucina, sulle nostre mani o nel nostro organismo.
Ma la padella col cobalto irraggia e questo è già un buonissimo motivo per non tenerla.
Se qualcuno ha cucinato in una padella radioattiva non diventa radioattivo! E non ha neppure cucinato meglio o peggio o in minor tempo.
Ma se è stato vicino ad una padella radioattiva, ha ricevuto una dose.
Il “quanto”, dipende da quanto materiale radioattivo c’è nella padella, per quanto tempo è stato vicino alla padella e a che distanza.
Anche il cibo ha preso dosi di radiazioni ionizzanti ma questa dose (per il cibo) è completamente ininfluente se consideriamo che l’OMS raccomanda dosi per l’irraggiamento degli alimenti che oscillano da 50 Gy a 50 kGy.
Una sorgente di cobalto (che come ricordato negli articoli dei giornali, può essere utilizzata per molti scopi industriali e medici) ha un tempo oltre il quale non serve più a nulla o meglio non serve allo scopo per il quale veniva utilizzata.
Per paragone si può far pensare alla luce fioca di una pila con la batteria scarica: la batteria continua ad avere i suoi componenti pericolosi ma non è più in grado di generare luce. Lo stesso succede col Cobalto (per qualsiasi uso sia destinato).
E' così comprensibile che smaltire una sorgente radioattiva ancora buona è come buttare una pila ancora carica.
Tuttavia i costi di smaltimento delle sorgenti radioattive sono spesso proibitivi oltre alla difficoltà di trovare chi può ricevere (legalmente) queste sorgenti.
Così, in modo sconsiderato e pericoloso qualcuno è ricorso allo smaltimento abusivo ed illegale nei comuni rottami metallici: la difficoltà di ritrovare una simile sorgente è determinata dalle sue dimensioni; una sorgente di cobalto ha delle dimensioni di 2x2x2 cm! Dal rottame metallico alla fusione con l’acciaio per produrre le pentole il passo è breve e spesso è anche inconsapevole da parte del produttore delle pentole stesse.
Per calcolare la percentuale di contaminazione da Cobalto dovremmo conoscere appunto il rapporto tra la sorgente e il volume di metallo con cui è fusa: spesso è una frazione quasi infinitesima ma comunque sufficiente per rilevarla con opportuni strumenti.
Supponiamo di aver rilevato un valore di 5 µSv/h (valore altissimo se consideriamo che il valore di fondo naturale di Radiazioni è di circa 1/50 o 1/100: dipende dalle zone geografiche) su una pentola che ci troviamo in casa e che abbiamo acquistato un anno fa e che:
- Abbiamo usato la pentola circa 2 volte al giorno = 700 volte l’anno (alzi la mano chi usa la stessa pentola per due volte al giorno e tutti i giorni)
- Siamo stati vicini alla pentola per circa 10 minuti ad ogni utilizzo (10 minuti per mettere la pasta e scolarla?) e
- Siamo stati ad una distanza di 30 cm dalla pentola in ogni occasione (a far che?).
700 volte x 10’ x 5 µSv/h /60 = 116,6 h x 5 µSv/h = 583 µSv x sqr 0,3 = 52, 49 µSv/anno.
In questo caso assolutamente poco realistico abbiamo anche ipotizzato che il cobalto si comporti come una sorgente puntiforme, ma potremmo ragionevolmente, almeno dimezzare il valore calcolato.
Confrontate questa dose (max 53 µSv/anno) con questo grafico ricavato da una serie di siti anche governativi e diventa facilmente comprensibile che questa dose è inferiore a quella che si assorbe nella normale e quotidiana vita di tutti noi anche senza pentole radioattive..
Con una pentola radioattiva in casa utilizzata per un intero anno … non succede niente e neppure si cucina meglio o peggio. Ma è meglio non averla.
Se si dice o si scrive il contrario, si fa inutile allarmismo: tipico atteggiamento di scarsa professionalità.
Il problema delle pentole radioattive e del materiale metallico che può risultare contaminato da sorgenti radioattive, c’è ed è innegabile: tanto è vero che quotidianamente in tutti i porti, aeroporti e Dogane Italiane dove si importano materiali metallici (anche semilavorati) da paesi extra CE vengono condotti controlli radiometrici. Lo Stato lo sa e cerca di contrastarlo oltre ad affrontarlo. Creare allarmismo da parte dei mass-media non aiuta nessuno e tantomeno risolve il problema e non dà valore aggiunto al diritto di informazione.
Lo Stato potrebbe fare di più informando correttamente la popolazione e i consumatori possibilmente evitando linguaggi politichesi; nell’attesa che ciò si avveri, ci proviamo noi….