Diresse il Progetto Manhattan per la realizzazione della bomba atomica
Julius Robert Oppenheimer nasce il 22 aprile del 1904 a New York, figlio di Julius, un ricco importatore di tessuti ebreo e di Ella, una pittrice. Nel 1912 la famiglia Oppenheimer si trasferisce in un appartamento di Riverside Drive, a Manhattan, un'area lussuosa: e in effetti la ricchezza economica dei genitori di Robert è confermata dalla loro collezione di arte, che include opere di Picasso e Van Gogh.
Appassionatosi alla letteratura francese e alla mineralogia, Robert Oppenheimer completa il terzo e il quarto anno in un anno solo.
In seguito, entrato all'Harvard College all'età di diciotto anni, deve fare i conti con una malattia piuttosto grave: per riprendersi si recò in New Mexico dove si appassionò ai cavalli, alle montagne e alla vita degli altipiani del West. Tornato in salute, recupera il tempo perso per lo studio e viene ammesso alla Phi Beta Kappa; nel giro di tre anni, si laurea “summa cum laude”.
La storia tuttavia lo ricorda soprattutto per aver partecipato alla costruzione della prima bomba atomica nell'ambito del progetto Manhattan durante la Seconda Guerra Mondiale; Oppenheimer ebbe in seguito una crisi di coscienza che lo indusse a rifiutare di lavorare per la bomba all'idrogeno.
“In un senso crudo che non potrebbe essere cancellato da nessuna accezione volgare o umoristica, i fisici hanno conosciuto il peccato” fu il suo commento dopo l'esplosione della bomba di Hiroshima. Appena venti giorni prima, durante il Trinity test aveva pronunciato un'altra terribile frase: "Sono diventato Morte, il distruttore di mondi".
"Signor Presidente, le mie mani sono sporche di sangue" disse un giorno Julius Robert Oppenheimer a Henry Truman, Presidente degli Stati Uniti d'America.
La guerra era da poco terminata con la sconfitta dell'Asse e la resa incondizionata del Giappone.
Correva l'anno 1946 e l'eco delle bombe di Hiroshima e Nagasaki riecheggiava ancora in ogni angolo della Terra.
Era del sangue di quelle centinaia di migliaia di vittime che Oppenheimer, come capo scientifico del Progetto Manhattan, pensava di avere le mani lorde.
Mani che, sotto il controllo dei militari, avevano diretto, presso i tristemente famosi laboratori di Los Alamos, un gruppo scientifico costituito dalle migliori menti del periodo affinché costruissero il miglior strumento di distruzione di massa mai creato.
Il generale Groves lo considerava: "Un genio, un vero genio che sa tutto. Può discutere di qualsiasi cosa vogliate. Bè, non esattamente. Credo ci siano alcune cose di cui non sa proprio niente. Non sa alcunché di sport."
Viaggia in America e ottenne un posto di ricercatore al Caltech (California Institute of Technology) di Pasadena e nel viaggio in treno attraverso l’America lesse in una notte tutta la Storia e decadenza dell’impero romano di Gibbon. In effetti manteneva sempre forti interessi umanistici, leggeva il latino e più tardi studiò a fondo il sanscrito e le filosofie indù e buddiste non accontentandosi delle culture occidentali.
Ricevette subito numerose proposte da Università americane ed europee. Prima di assumere l’incarico gli fu diagnosticata una lieve tubercolosi e insieme al fratello sedicenne passò una vacanza in New Mexico presso un ranch che battezzò “Perro Caliente” (Hot Dog) e più tardi lo acquistò. Nel viaggio di ritorno ebbero un incidente automobilistico e Robert si ruppe un braccio arrivando così a Pasadena con una vistosa fasciatura rossa.
‘Oppie’, come lo chiamavano, fece scuola, più grazie al suo entusiasmo e all’amore che trasmetteva per il suo lavoro che per le sue lezioni, considerate confuse e poco comprensibili, e nel campus si potevano riconoscere i suoi discepoli che lo imitavano anche nel modo di muoversi, atteggiarsi ed esprimersi.
Formò un gruppo di studenti di dottorato che riuniva nel suo ufficio per discussioni che spaziavano sui più diversi argomenti, dai progressi delle loro ricerche alla filosofia indù al Capitale di Marx.
Come egli stesso ricorderà, venne introdotto da amici negli ambienti della sinistra americana nella primavera del 1936, dove conobbe Jean Tatlock, figlia di un noto professore universitario di Inglese, con la quale strinse una tenera amicizia.
La signorina Tatlock non aveva negato la sua appartenenza al Communist Party e non fece certo mistero con Oppenheimer del suo impegno politico fortemente schierato. In seguito, quando dovrà render conto di simili amicizie, Oppenheimer avrebbe sempre scagionato la Tatlock da ogni colpa scrivendo di lei come una persona che amava il suo paese le sue persone e il suo stile di vita.
Nel 1939 si innamorò di Katharine "Kitty" Puening Harrison, una biologa chiaramente legata agli ambienti comunisti, con la quale si sposò nel 1940, ed ebbero due figli.
Nel 1937 quando il padre morì lasciandogli una grossa eredità (300.000 dollari di allora) finanziò con somme consistenti movimenti di sinistra soprattutto in sostegno dei repubblicani durante la guerra civile spagnola.
Se nel 1946 Oppenheimer appariva tormentato dai rimorsi, l’Oppenheimer degli ultimi anni appare un uomo privo di sensi di colpa, convinto del buon lavoro fatto a Los Alamos e dell’inevitabilità delle bombe su Hiroshima e Nagasaki.
Robert Oppenheimer morì a 61 anni il 18 febbraio del 1967, a Princeton, di un tumore alla gola; al suo funerale si riunirono gli scienziati e politici del progetto Manhattan. Le sue ceneri vennero disperse alle Isole Vergini dove passava le vacanze estive.
Gli sono stati dedicati un asteroide, 67085 Oppenheimer, e un cratere di 208 km di diametro sulla Luna, il cratere Oppenheimer.
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