Fisico, membro del gruppo dei “ragazzi di via Panisperna”.
C’era una volta un ragazzino nato nella campagna umbra, che mostrava un grande interesse per la natura. In particolare adorava raffigurare e collezionare piccoli animali e piante, probabilmente appassionato e influenzato dalla collezione d’insetti del padre Giovanni Emilio, agronomo, e dai disegni di farfalle creati con perizia dalla propria madre, Adele Galeotti.
Il promettente giovanotto andò a Pisa e frequentò con successo l’Università, dapprima la Facoltà d’Ingegneria e poi quella di Fisica: quel ragazzino si chiamava Franco, Rama, Dino Rasetti. Il secondo nome Rama gli era stato dato dallo zio Gino Galeotti, medico, in onore dei suoi viaggi di ricerca effettuati in India.
A casa, papà Giovanni aveva montato una importante collezione di insetti, che Franco amava particolarmente, tanto, che a 10 anni l'aveva considerevolmente arricchita di insetti cavernicoli, facendo delle descrizioni dettagliate, precise e molto scientifiche. A 18 anni, nel 1919 pubblicò insieme al padre un articolo sulla fauna nel bollettino della società di "Entomologia d'Italia".
Franco non frequentò le scuole elementari. I genitori si occuparono personalmente di educare il loro unico figlio, che era fornito di una memoria prodigiosa.
Franco racconta: “Mia madre mi ha raccontato che ero un bambino precoce. A tre anni e mezzo sapevo leggere un po', fare disegni e ritagliare sagome di animali di carta, già mostravo quell'interesse per le scienze naturali che non è ancora scomparso. A sei, sette anni già sapevo distinguere i principali ordini e famiglie di insetti e conoscevo a memoria centinaia di nomi scientifici".
Cominciò una raccolta e relativa classificazione di coleotteri che, quando fu da lui donata al Museo Civico di Zoologia di Roma nel 1939, aveva raggiunto la consistenza di circa trentamila esemplari.
Il suo amico Carrara lo ricorda così negli anni pisani: "Rasetti era fino da allora un uomo straordinario; dotato di grandissima intelligenza e di straordinaria memoria, conosceva una enorme quantità di cose; la sua cultura e i suoi interessi andavano dalla fisica ai coleotteri, di cui aveva una fra le migliori collezioni di tutta Italia: dalla chimica all'arte, alla letteratura. Alto, magro, con un mento prominente, che denotava la sua straordinaria forza di volontà, estremamente preciso nelle sue cose, nella sua attività, nei suoi movimenti, sguardo acutissimo e penetrante, spirito caustico molto temibile, egli si faceva notare di primo acchito. Quanto Fermi passava inosservato, tanto Rasetti con la sua rumorosa, scrosciante, petulante risata su tutto e su tutti, richiamava immediatamente l'attenzione".
Già a 26 anni Rasetti, il più anziano dei ragazzi di via Panisperna, era chiamato il "venerato maestro". Aveva una cultura generale sconfinata, che amava sottolineare con un po' di autoironia nei giochi di domande che si divertivano a fare con Fermi per stuzzicare le ragazze della compagnia: spesso apostrofava Laura Capon, la compagna di Fermi, con la sua tipica esclamazione: "Fantastico! Così tu non sai che ..." e seguiva l'ennesima dimostrazione della sua onniscienza.
Mario Salvadori ricorda la seguente scena svoltasi all'Istituto di Fisica nel novembre del 1938, in occasione di una sua visita a Fermi in cui gli comunicò la propria intenzione di abbandonare l'Italia per gli Stati Uniti e scoprì che Fermi nutriva gli stessi propositi: "Ero ancora sbalordito, quando si aprì la porta e apparve la testa di Rasetti. "O icche' si dice? Si complotta?" chiese. "Salvadori ha deciso di farla finita e andare in America", gli rispose Fermi. "Davvero? Lui se ne va, tu te ne vai. E io chi sono, il bischero? Allora vo' via anch'io."
Quando fu convocato a partecipare al Progetto Manhattan per la costruzione di una bomba atomica da usare nel conflitto contro Hitler, rifiuta con un categorico no. Un NO alla “Fisica che si sporca le mani”. “La Fisica non può vendere l’anima al diavolo” queste le inequivocabili parole pronunciate da Franco Rasetti, il fisico, l’amico di Enrico Fermi, che si oppose all’uso dell’energia nucleare a scopo di guerra alle soglie dello scontro finale del secondo conflitto mondiale.
Lo zio Gino, invece, gli aveva trasmesso la passione per l’alpinismo. Pare che Rasetti fosse, alpinisticamente parlando, un soggetto competente ma di cui diffidare, perché abituato a tirare pessimi scherzi ai compagni di ascensione meno esperti: in sostanza, sembra che si dilettasse molto a scappare avanti a tutti in discesa, lasciando gli altri a tirarsi da soli fuori dai guai, con conseguenze più o meno gradevoli (bivacchi imprevisti, cadute in crepacci e simili amenità).
Rasetti era anche un eccellente fotografo: realizzò tra altre cose una ricchissima collezione di diapositive in bianco e nero di grande formato che coprivano l'intero arco alpino.
Lasciata Baltimora nel 1967, i coniugi Rasetti vissero a Roma i dieci anni successivi. L’amatissima madre morì nel 1972, evento che causò in Rasetti un primo episodio di depressione nervosa, ripetutosi nel 1976. Nel 1977 i Rasetti si trasferirono a Waremme, in Belgio, paese natale della moglie Marie Madeleine Hennin, che aveva sposato nel 1949 a Baltimore, da dove lo scienziato ha continuato a lungo a viaggiare e a fotografare orchidacee, la sua ultima fatica scientifica.
Nel 1986 il primo episodio della malattia, un attacco cerebrale, che lo ha costretto a limitare le sue amate passeggiate. Non sperava di vivere tanto nel 1987, quando scriveva "... non posso più guidare l'automobile, e vivacchio alla meglio sperando in una fine abbastanza prossima di una vita che non vale più la pena di prolungarsi troppo".
Franco Rasetti fu l’ultimo sopravvissuto di quei ragazzi che da Via Panisperna cambiarono non solo il mondo della fisica; è morto in Belgio, a Waremme, il 5 dicembre 2001. Aveva 100 anni e tre mesi. ha lasciato la moglie Marie Madeleine Hennin, e i due figli di lei, Robert e Nicole.
Tra le tante lettere di cordoglio anche quella del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Grazie ad una serie di contatti presi con la moglie e il cugino di Rasetti, un avvocato di Firenze ha reso possibile rimpatriare le ceneri dello scienziato e tumularle nella cappella di famiglia con il padre e la madre.
Un importante riconoscimento viene dato dalla Chiesa Cattolica Italiana, dove il 3 ottobre 2003 presso la Sala dei Notari a Perugia, viene ricordata la figura di Franco Rasetti come "Uomo di Pace" nel contesto: "Umbria Terra di Pace".
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