Come la radioattività può sconfiggere il bracconaggio
Qualche settimana fa ci siamo imbattutti in un articolo di giornale che parlava di “rinoceronti radioattivi” e spiegava come si stesse sperimentando la possibilità di inoculare sostanze radioattive nei corni dei rinoceronti per renderli tracciabili e scoraggiare così i bracconieri che in Asia e Africa uccidono ogni anno centinaia di esemplari per contrabbandarne il corno.
Di primo acchito abbiamo pensato si trattasse di una fake news o per lo meno di una notizia di DISinformazione data dai giornali descrivendo malamente qualcosa di realmente accaduto.
Approfondendo l’argomento abbiamo scoperto che dietro ai titoloni “catturaclick” delle testate giornalistiche c’è un progetto scientifico degno di attenzione che vogliamo condividere con i visitatori del nostro Museo.
Per combattere il bracconaggio e il contrabbando dei corni dei rinoceronti, richiesti prevalentemente da collezionisti senza scrupoli e dal mercato cinese della medicina alternativa, uno scienziato dell’Università del Witwatersrand in Sudafrica, Prof. James Larkin, ha avuto l’idea di utilizzare la radioattività.
Il progetto, seguito da un team di scienziati esperti del settore, prende il nome di “The Rhisotope Project” ed è partito nel 2021. L’idea è quella di iniettare quantità controllate di radioisotopi nei corni dei rinoceronti vivi in modo che, in caso di uccisione da parte dei bracconieri, il trofeo possa essere localizzato durante i controlli di routine della radioattività svolti nei porti, negli aeroporti e in molti punti di frontiera, riuscendo dunque a risalire ai criminali.
Questo sistema dovrebbe ridurre drasticamente il commercio internazionale dei corni, che diventerebbe un business estremamente più pericoloso di quanto non lo sia adesso.
Ci siamo chiesti: questo sistema può ledere alla salute dei poveri rinoceronti?
La risposta è no, perché la quantità di radioisotopi che verrà inoculata e la diffusione all’interno dell’organismo dell’animale verranno perfattamente calibrate e studiate attraverso modelli computazionali che simulano il processo attraverso l’utilizzo di fantocci che riproducono perfettamente il caso reale.
In tal modo si riesce a stabilire l’isotopo più adatto e la quantità minima che garantisca la contaminazione del corno (che risulti individuabile dalla strumentazione utilizzata nei punti di frontiera) senza però danneggiare in alcun modo l’animale.
Gli animali soggetti a marcatura saranno scelti con i gestori delle riserve in modo che possano tenere sotto controllo eventuali effetti e comunicarli al team di ricerca.
La quantità di marcatore radioattivo sarà assolutamente innocua per chiunque dovesse venire a contatto con il corno del rinoceronte, in quanto esporrebbe l’individuo a valori di poco maggiori del fondo ambientale di radiazioni ionizzanti.
Insomma, se lo studio dovesse avere buoni risultati ottenendo la riduzione delle morti dei poveri rinoceronti ad opera dei bracconieri, sarebbe l’ennesima ottima applicazione della radioattività al servizio della vita. In bocca al lupo Prof. Larkin!!