Un reattore nucleare in giardino

Un boyscout ha costruito (non per sbaglio) un reattore nucleare

Nell’articolo, in cui tra l’altro non c’è evidenza né dell’autore né delle fonti di informazione, ci viene raccontato che un ragazzino americano di 17 anni appassionato di scienza e di chimica ha costruito dal nulla un reattore nucleare nel capanno della casa materna, comprando ed utilizzando tutti i componenti per realizzarlo: batterie, vecchi orologi, lanterne, uranio della Cecoslovacchia (chissà perché proprio questo tipo di uranio?) e nastro adesivo.

Pur non essendo così raro che i ragazzini con interesse di scienza possano avere una certa predilezione per gli esperimenti del piccolo chimico (ci siamo passati tutti o quasi) e vogliano sperimentare “cose nuove”, risulta difficile se non paradossale credere che al protagonista della storia, descritto come un genio in erba, siano bastate la passione e quattro carabattole di uso comune per realizzare un impianto, come quello nucleare, che nella realtà delle cose è infinitamente più complesso dell’assemblaggio di qualche orologio e di qualche lanterna legati con del nastro adesivo.

Nessuno nega che in quel laboratorio improvvisato il ragazzo possa aver costruito una qualche apparecchiatura che utilizzava del materiale radioattivo, perché no; ma da qui a considerarla un vero e proprio reattore nucleare beh, ce ne passa.

Che quella apparecchiatura, poi, non fosse un dispositivo conforme ai requisiti di sicurezza, come lo è un vero reattore nucleare, funzionante in base a stringenti norme previste da tutte le legislazioni nazionali e internazionali in materia, ce lo conferma l’articolo stesso quando dice che “Il ragazzo però, si è poi reso conto di aver fatto una cosa troppo pericolosa e ha smantellato il marchingegno. Non senza essere arrestato dalla polizia per la pericolosità del comportamento tenuto”.

Ciò che colpisce dell’articolo è il credito che viene dato all’adolescente ed alle sue capacità manuali e pratiche, come se la realizzazione di un impianto nucleare sia cosa talmente semplice da ridursi a mero bricolage. Non è così! La costruzione di un reattore nucleare richiede, oltre ai materiali per farlo funzionare (e non sono certamente lanterne e orologi!), tanta, tantissima tecnologia, il know-how specifico, che solo grandi organizzazioni complesse possiedono.

In questo senso il messaggio che traspare dall’articolo risulta poco rispettoso, quasi irridente, nei confronti delle migliaia di ingegneri, fisici, chimici e tecnici a livello planetario che ogni giorno lavorano seriamente allo scopo di realizzare impianti sicuri ed efficienti.

Ferma restando la buona fede di chi ha scritto l’articolo, mi viene da suggerire un uso più appropriato delle parole. Chiamare reattore nucleare un dispositivo di cui nulla viene detto e quindi nulla si sa, è una forzatura giornalistica che lascia il tempo che trova. Inoltre, sarebbe opportuna una verifica delle fonti di informazione ed una maggiore cautela nell’affrontare queste tematiche, per non infondere nel lettore la falsa convinzione che un impianto complesso si possa tranquillamente realizzare in casa, come un gioco del Meccano.

E' chiaro che chi ha scritto l’articolo ha puntato principalmente sul sensazionalismo e “l’originalità” del contenuto. L’obbiettivo principale sembra sia quello di attrarre a tutti i costi l’attenzione del lettore, già evidente nel titolo dell’articolo, utilizzando però una semplificazione troppo audace. Intendiamoci, la cosa è del tutto lecita; tuttavia, essa va sicuramente a scapito della realtà dei fatti.